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venerdì, Novembre 15, 2024

Se la “verde” Milano inciampa sul brick: cosa ci insegna il caso dell’acqua del sindaco ‘in scatola’

L'iniziativa del Comune, lanciata in occasione della Giornata mondiale dell'acqua, fa discutere esperti e appassionati di economia circolare, che contestano la reale sostenibilità del confezionamento dell'acqua tramite il tetrapack . E ha creato un dissidio interno tra i Verdi

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

“Ovviamente non si torna indietro”. Elena Grandi, assessora all’Ambiente e Verde al Comune di Milano, ha atteso qualche giorno prima di rispondere nel merito al “caso” dell’acqua in brick. Lo ha fatto con un’intervista a GreenPlanner, diffusa ieri su Linkedin in cui afferma di “spiegare un po’ di cose” relative alla scelta, annunciata il 22 marzo nella giornata mondiale dell’acqua, di distribuire l’acqua pubblica, soprattutto quella in dotazione alla Protezione civile e nelle mense scolastiche, in confezioni di cartone poliaccoppiato, più noti come brick.

L’iniziativa del Comune di Milano ha fatto discutere parecchio, anche perché arriva da una giunta dichiaratamente “verde” (l’assessora Grandi è pure co-portavoce della Federazione dei Verdi). Esperti, tecnici e influencer non hanno risparmiato le critiche. E anche all’interno del partito, di cui il sindaco Beppe Sala è un noto esponente nazionale, sono arrivate le contestazioni. Segno che la sostenibilità è un campo di battaglia, dove bisogna conquistare la credibilità pratica dopo pratica, perseguendo la strada di una reale economia circolare e non accontentandosi più di un generico (e a volte solo annunciato) minor impatto ambientale.

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L’acqua del sindaco fa splash?

Quando il 22 marzo viene lanciata l’iniziativa dell’acqua del sindaco in brick, presso via Castrovillari, all’inizio non ci sono grandi reazioni. L’acqua confezionata da MM, la società partecipata che si occupa del servizio idrico a Milano, “per il momento – si legge nel comunicato stampa dell’iniziativa – sarà destinata alla Protezione civile per la distribuzione alla cittadinanza in caso di guasto o interruzione localizzata del servizio e, se richiesto, potrà essere distribuita nel corso di eventi particolari sul territorio milanese come le ‘week’, i concerti, le manifestazioni culturali e sportive nonché essere utilizzata per i bisogni interni degli uffici del Comune di Milano e delle sue controllate”.

Si tratta di occasioni di utilizzo difficilmente quantificabili dato che, a parte l’obbligo per la Protezione Civile che ne deve stoccare determinate quantità, per il resto si tratta di scelte volontarie. In ogni caso il Comune ribadisce che si tratta di “un’acqua a chilometro zero”, e proprio per questo presenta l’iniziativa dall’impianto di confezionamento di via Castrovillari, capace di realizzare fino a 2.000 cartoni all’ora, in confezioni da 500 o da 250 ml.

Il brick ha i colori rosso e bianco della città e reca la dicitura “l’acqua del sindaco”, riprendendo la definizione adottata 11 anni fa, in occasione del referendum sull’acqua pubblica. Ma l’idea che si debba confezionare l’acqua del rubinetto e delle fontane per incentivare a berla, evitando di ricorrere alla plastica e all’acquisto, ha fatto storcere il naso a molti. Soprattutto dopo il lancio social dell’iniziativa.

acqua brick milano 2

Silvia Ricci, collaboratrice del nostro giornale ed esperta di progettazione e gestione circolare dei manufatti monouso, ha dedicato alla questione dell’acqua in brick una lunga analisi proprio su EconomiaCircolare.com. Mentre su Linkedin sono stati numerosi i commenti attorno al post di Alice Pomiato, la nota creatrice di contenuti digitali sulla sostenibilità ambientale e affezionata lettrice della nostra rivista. Scrive ad esempio Marco Baudino, ingegnere meccanico  e progettista di sistemi circolari: “La confezione della foto è un three-leyer (plastica alluminio carta) più un tappo e struttura di solito in polipropilene (o più di recente di biolastica, ndr.): 4 materiali diversi, incompatibili tra di loro nella logica di fine vita, dopo un monouso. Contro una bottiglia di PET, con tappo in plastica PP o PS, monouso ma, se vogliamo, più facile da riciclare. Insomma, dove sta il vantaggio? Nascondere la plastica con una soluzione peggiore?”. E poi, rivolgendosi direttamente all’assessora Grandi: “Non le pare, Elena, che stiamo davvero scherzando con l’ambiente per di più facendo firmare lo scherzo dal sindaco?”.

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Il contrasto interno ai Verdi

Ai commenti critici degli esperti di economia circolare si è poi aggiunta una polemica interna ai Verdi, con la portavoce nazionale di Europa Verde Eleonora Evi che ha chiesto un passo indietro alla giunta Sala.

“Non è sostituendo un oggetto usa e getta con un altro sempre usa e getta, con caratteristiche – forse, tutto da vedere – migliori del primo, che risolviamo il problema. Non creare rifiuto è la strada maestra – scrive Evi su Facebook -. E per farlo serve cambiare le nostre abitudini. In borsa o nello zaino mettiamo sempre la nostra borraccia e in ogni luogo, al lavoro, per strada, agli eventi pubblici e alle manifestazioni dovremmo poter trovare distributori di acqua potabile. Non mi capacito come in una città moderna come Milano non si possa avere accesso all’acqua potabile ovunque. Su questo, in caso, serve investire. Ho fatto tante battaglie negli anni per modificare la direttiva europea sull’acqua potabile affinché garantisse a tutti e tutte il diritto all’acqua per mezzo, anche, della diffusione di fontane e punti di ricarica. Penso che questa iniziativa lanci un messaggio sbagliato e per questo chiedo che il sindaco Sala torni sui suoi passi e promuova al contempo l’uso di prodotti durevoli come caraffe e borracce installando fontane e case dell’acqua in quei luoghi ancora non attrezzati”.

Alle osservazioni di Evi è seguita poi la replica piccata di Sala. “Sono sorpreso che la portavoce nazionale di Europa Verde si occupi di una cosa del genere – ha commentato il sindaco di Milano -. È chiaro che oggi non c’è cosa su cui non si scateni la polemica. Sono ormai un po’ di anni che faccio questo lavoro e sono abituato a prendere in modo più rilassato tutta una serie di critiche. Dopodiché va bene tutto. A me sembrava una cosa, vorrei dire simpatica, ma mi sembra anche troppo perché è una cosa fatta da MM. Però, misura è misura”. Con i Verdi, in Comune, “siamo allineati su tante idee. Non è che quando ho deciso di avere i Verdi con me, non pensavo di portare con me persone che vogliono sempre appoggiato le mie idee. È l’equilibrio, quanto è il sì e quanto è il no”.

Un contrasto che, a quanto pare, è ben lontano dall’essere sanato.

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La versione del Comune

Abbiamo già accennato al fatto che su Green Planner l’assessora all’Ambiente Elena Grandi, molti stimata dagli esperti del settore, ha spiegato la propria versione. Ricordando innanzitutto le cose fatte dal Comune di Milano, come la presenza di 53 case dell’acqua e l’utilizzo, quando possibile, dell’acqua in caraffa nelle iniziative pubbliche. “Si è valutato che la filiera della plastica è meno sostenibile della filiera del poliaccoppiato – ha affermato Grandi – che invece viene prodotto sulla nostra centrale, pescando l’acqua a 100 metri di profondità, e si tratta di un’acqua purissima e buonissima, con l’imbottigliamento che avviene in loco. Abbiamo fatto inoltre un’analisi LCA del prodotto e una serie di studi, per cui sappiamo che anche la riciclabilità del cartone è completa. Ovviamente produciamo rifiuti ma ci sono eventi in cui non si possono pensare altre formule. Ad esempio a un concerto o ad un evento sportivo non si può andare con la borraccia, per ragioni di sicurezza questa viene ritirata, e non si possono mettere brocche e fontanelle ovunque. C’è anche un problema di leggi nazionali”.

L’assessora Grandi ha aggiunto che l’iniziativa era in un certo senso “obbligata” – il “progetto era già partito da tempo, io l’ho semplicemente raccolto” ha chiarito – e che le direttive europee “obbligano i gestori degli acquedotti e delle acque pubbliche ad avere la possibilità di stoccare l’acqua per l’emergenza e per gli eventi”. Sui costi dell’operazione, invece, Grandi non si è espressa, ribadendo che, di fronte alla dotazione della Protezione Civile di “centinaia di migliaia di bottiglie, che ovviamente sono in plastica”, si è preferito “mettere l’acqua pubblica, gratuita e a chilometro zero nei cartoni, in una modalità di confezione che è più sicura e anche igienicamente controllata”.

Nella giornata di sabato un ulteriore commento è arrivato da Piero Pellizzaro, direttore del progetto Città Resilienti. Pellizzaro ha spiegato il senso dell’iniziativa all’interno di Rethink Pack!, l’evento finale della prima edizione di “Ecodesign the future”, il workshop di eco-progettazione realizzato da Economiacircolare.com in collaborazione con Erion Packaging. “La norma che ci obbliga ad avere scorte di acqua potabile non definisce il come – ha spiegato Pellizzaro – Non possiamo metterla nelle cisterne, perché in questo modo l’acqua aumenterebbe la carica batterica e dunque perderebbe di qualità. L’analisi LCA che abbiamo realizzato ha indicato il packaging col poliaccoppiato come quello più sostenibile. Inoltre come è noto agli eventi sportivi non si possono portare le borracce: anche a me è capitato di vedermela sequestrare, anche se poi appena si entra in questi luoghi si trovano le bottiglie di plastica a 2 euro e 50. Anche in questo caso abbiamo cercato di offrire delle alternative, rispettando le norme antiterrorismo e offrendo allo stesso tempo un’acqua gratuita. Ancor più importante poi è per noi questo aspetto in vista delle Olimpiadi 2026. Ecco perché gli elementi di circolarità dell’acqua del sindaco che possono essere criticati hanno in realtà un fondamento nelle norme. Poi possiamo discutere se queste norme devono essere cambiate, e qui è importante costruire un percorso tutti insieme”.

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Dove lo butto?

Costi e chilometri zero sono però solo una parte della questione. Scegliere il brick per l’acqua pone anche il problema dello smaltimento. Dove si buttano i vari materiali che compongono il brick? A Milano dal 2005 il tetrapack (termine ormai comunemente usato per indicare questi genere di contenitori) si butta nella frazione della carta. E, pur non essendo un dato pubblico, è probabile che questo venga riciclato ad Alessandria, dove dal 2018 esiste il primo impianto al mondo per il riciclo del tetrapack, all’interno del quale è possibile ricavare una materia prima seconda che si chiama ecoallene.

Prima, però, il materiale deve passare una cartiera affinché venga separata la parte cellulosica. E, ancor più importante, va comunque ricordato che il tappo di brick è in plastica o al più bioplastica: va dunque tolto e conferito nell’apposito contenitore. 

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