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venerdì, Novembre 15, 2024

Plastic Pact, anche gli Usa contro l’abuso della plastica

Il consorzio mette insieme oltre 60 realtà tra aziende, agenzie governative e ong. Spinto dalla Ellen MacArthur Foundation, mira a recuperare il gap con l'Europa attraverso la collaborazione di colossi come Coca Cola e L'Oreal

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

Arrivano per ultimi, o quasi, ma certamente erano tra i più attesi. Anche gli Stati Uniti finalmente stabiliscono un passo concreto nella lotta all’uso indiscriminato della plastica, tra le principali responsabili dell’inquinamento odierno. Da agosto lo U.S. Plastic Pact è diventato realtà: si tratta di un patto firmato da un consorzio che mette insieme oltre 60 realtà tra aziende, agenzie governative e ong. La collaborazione, guidata da The Recycling Partnership e World Wildlife Fund (WWF), fa parte della rete globale di Plastics Pact della Ellen MacArthur Foundation e intende essere un passo significativo verso l’economia circolare.

L’obiettivo, certamente ambizioso, è di mettere insieme, come recita il comunicato stampa che lancia l’iniziativa, “diversi stakeholder pubblico-privati ​​lungo la catena del valore della plastica per ripensare il modo in cui progettiamo, utilizziamo e riutilizziamo la plastica, per creare un percorso verso un’economia circolare per la plastica negli Stati Uniti”. Così, mentre dal prossimo anno l’Unione Europea metterà al bando la plastica monouso, entro il 2021 negli Usa verrà stilato un elenco di imballaggi da designare come problematici o non necessari. Con l’obiettivo di arrivare, entro il 2025, a “riciclare o compostare efficacemente il 50% degli imballaggi in plastica”, di avere tutti gli imballaggi in plastica “riutilizzabili, riciclabili o compostabili al 100%” e di poter vantare almeno il 30% del “contenuto medio riciclato o il contenuto a base biologica di origine responsabile negli imballaggi”.

Il parallelo con l’Europa può sembrare impietoso, innegabilmente più avanti in questa fase, ma in realtà il Plastic Act è solo la punta dell’iceberg di una rinnovata sensibilità da parte di un mondo, quello statunitense, da decenni identificato come sprecone e simbolo del consumismo usa e getta. Va infatti notato che tra i partecipanti al consorzio ci sono colossi come Coca-Cola, L’Oreal e Walwart (Coca-Cola fa persino parte del Consiglio consultivo). D’altra parte sia Coca Cola che Pepsi nel 2019, come riportato dalla CNN, avevano già preso le distanze dalla Plastic Industry Association, la lobby che rappresenta i produttori di plastica negli Stati Uniti, “non più in linea con le scelte e gli obiettivi dell’azienda”. Inoltre non può tenersi conto del quadro estremamente frammentato a livello normativo che esiste negli Usa, con i vari Stati che da una parte vietano o sanzionano l’uso della plastica e dall’altra ostacolano questi divieti. Un’inchiesta del National Geographic sottolinea come “di recente i legislatori hanno iniziato a redigere delle leggi che consentirebbero alle città di reintrodurre le ordinanze anti-plastica e le tasse sui sacchetti: il temuto divieto di vietare il divieto. Finora ci hanno provato otto Stati, anche se nessuna di queste leggi ha fatto progressi significativi”.

Senza considerare che l’attuale presidente degli Stati Uniti Donald Trump, oltre ad aver negato o minimizzato più volte la crisi climatica in atto, è un noto esponente delle lobby petrolifere che, dopo il crollo del prezzo del greggio e la riduzione dei consumi in seguito alla pandemia Covid-19, guardano con rinnovato interesse al mondo della plastica – specie nel “nuovo” mercato che riguarda la produzione di mascherine, imballaggi medici e prodotti igienizzanti. La piattaforma del Plastic Act potrebbe dunque consentire di raggiungere collettivamente risultati di impatto che altrimenti sarebbe difficile raggiungere da soli. Consapevoli, tutti e tutte, che da una crisi globale se ne può uscire solo insieme.

 

© Riproduzione riservata

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