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lunedì, Novembre 4, 2024

Perché l’Italia si oppone al regolamento europeo sugli imballaggi?

Presso la Commissione Politiche dell'Unione europea al Senato si è svolta l'audizione che ha messo insieme le ragioni dei comparti industriali che si oppongono alla proposta del regolamento europeo sugli imballaggi. Per il CONAI "il riciclaggio è un'eccellenza italiana che viene incentivata anche dal PNRR"

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Redazione EconomiaCircolare.com

Si è svolta ieri al Senato, presso la Commissione Politiche dell’Unione europea, l’ audizione sul regolamento europeo sugli imballaggi. L’iniziativa promossa dal Parlamento parte dalla presa di posizione dell’Italia, ufficializzata dal governo Meloni su spinta di un’ampia parte del settore industriale: il nostro Paese è uno dei pochi contrari allo spirito e alle esigenze di un regolamento che, nelle intenzioni delle istituzioni europee, mira a ridurre la produzione di packaging, a promuovere il riutilizzo e la ricarica, ad aumentare  l’uso della plastica riciclata e ad agevolare il riciclaggio degli imballaggi.

L’Italia, come è noto, teme però che con le nuove regole, proposte dalla Commissione europea il 30 novembre 2022 e attualmente in fase di discussione al Parlamento europeo, di perdere il proprio primato sul riciclaggio e sulle bioplastiche: per farlo invita, tra le altre cose, a togliere l’obbligatorietà del deposito su cauzione. Ecco perciò che nell’audizione di ieri sono stati invitati i principali attori di queste filiere:CONAI (Consorzio Nazionale imballaggi), Confcommercio, Giflex, Clean Carbon Conversion, Biorepack (Consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile), Confagricoltura, CNA, Confartigianato, FISE Assoambiente, Confindustria Cisambiente, Assobioplastiche, Anfima, Egualia e Confimi.

Un’occasione utile per conoscere più nel dettaglio le ragioni di un comparto che vanta notevoli interessi economici, migliaia di posti di lavoro e una presenza diffusa nei territori.

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Le criticità del Senato sul regolamento imballaggi 

Apre l’incontro la (breve) relazione del presidente della quarta Commissione Giuliomaria Terzi di Sant’Agata. “Sin da subito abbiamo individuato alcuni elementi di criticità nella proposta europea a partire dai principi di sussidiarietà e complementarietà. C’è stata un’interlocuzione pochi giorni fa con la Commissione europea, mentre la relazione del governo individua diverse criticità sull’impianto complessivo della proposta di regolamento. Da parte nostra stiamo lavorando a un documento che mette insieme alcuni punti che non ci convincono, con lo scopo di elaborare un parere motivato – dice il presidente – Nel regolamento europeo sugli imballaggi c’è un ricorso eccessivo agli atti delegati, su aspetti tecnici e sensibili. Riteniamo inoltre discutibile la scelta di non affidarsi a una direttiva, che poteva essere più utile e più flessibile, data anche la notevole spesa pubblica  e privata che questo regolamento comporterà. In terzo luogo c’è la scelta tra riutilizzo e riciclo: già in passato l’Italia ha dimostrato che il riutilizzo non sempre garantisce i risultati migliori in alcune filiere, dall’agroalimentare al turismo fino al commercio al dettaglio e all’intrattenimento. Inoltre il riuso comporta maggiori spese per le piccole e medie imprese”.

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Il CONAI boccia il DRS e Confcommercio sostiene il monouso

Dopo Terzi di Sant’Agata prende la parola il presidente di CONAI Luca Ruini. “L’Italia ha scelto il riciclo come modello di riferimento sugli imballaggi avendo poche materie prime – dice Ruini – Negli ultimi 25 anni abbiamo puntato fortemente sulla raccolta differenziata, tanto che entro la fine di quest’anno puntiamo ad avere il 75% dei rifiuti destinati a una seconda vita, sviluppando un’importante industria del riciclo che nel Pnrr viene ulteriormente incentivata. Il sistema del deposito su cauzione è del tutto estraneo a questo modello: il DRS è sviluppato nei piccoli Stati dell’Unione, a parte la Germania che ha tutta una sua storia. D’altra parte i Paesi europei sono fortemente diversi e dunque serve una maggiore flessibilità”.

Il vicepresidente di Confcommercio Lino Enrico Stoppani sottolinea che “in assenza di modifiche significative, il regolamento europeo sugli imballaggi rischia di avere ripercussioni significative su un comparto che vanta primati europei e mondiali. Interi settori del Made in Italy potrebbero essere stravolti. A subire i danni peggiori sarebbero le imprese della filiera agroalimentare, la grande distribuzione organizzata, la ristorazione. Penalizzare il packaging monouso è poco lungimirante perché causerebbe danni maggiori rispetto ai benefici, comporterebbe una maggiore emissione di CO2 e andrebbe contro le regole igienico-sanitarie, perché il riuso presenta maggiori rischi di contaminazione incrociata ed è più energivoro rispetto al monouso”.

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“Noi contestiamo il metodo per arrivare al regolamento sugli imballaggi”

Sono tanti gli interessi in gioco negli imballaggi. E lo si evince dalle numerosi audizioni al Senato di ieri. Giflex, ad esempio, è l’associazione che raccoglie i produttori di imballaggio flessibile: è il più leggero degli imballaggi, si trova in circa il 50% dei prodotti contenuti nei supermercati ed è composto da vari elementi (soprattutto carta e plastica). “Noi contestiamo il metodo col quale si vuole arrivare al regolamento sugli imballaggi. L’Unione europea – dice il rappresentante di Giflex – ha deciso a priori chi sono i buoni e i cattivi e ha deciso quali sono le tecniche e i metodi da utilizzare per diminuire la produzione degli imballaggi. Noi stiamo lavorando per avere un imballaggio flessibile che sia monomateriale e dunque riciclabile, al momento usiamo soprattutto plastica. Oltre al riciclo meccanico noi spingiamo per diffondere il riciclo chimico. Nella proposta di regolamento non vengono mai nominate le analisi LCA: e invece serve una misurazione reale per verificare l’impatto ambientale delle scelte”. Infine Giflex sostiene che serve una maggiore educazione ambientale se si vuole evitare la dispersione dei rifiuti e che “deve essere l’industria a trovare le soluzioni” ai problemi ambientali e a “scegliere il materiale migliore per ridurre gli imballaggi”. Quasi come a voler bypassare la politica.

Ancor più netto in questo senso è Nicola Deiana, di Clean Carbon Conversion. “È chiaro che gli imballaggi prima di tutto sono una necessità – dice Deiana – Dobbiamo imparare a convivere con gli imballaggi e la natura. Il riciclo meccanico ha dei limiti, tanto che non si può riciclare oltre il 60-70% dei prodotti. Conviene invece puntare sul riciclo chimico, che sarebbe più giusto definire riciclo termico, e in cui si può riciclare fino al 99,5%. Sopra i mille gradi, grazie alla termolisi, si ha infatti una scomposizione molecolare in cui si ottiene carbonio, da fare in un ambiente chiuso e dove si ricavano monossido di carbonio, idrogeno e metano, cioè risorse di cui si parla tanto e sempre più necessarie”.

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La difesa delle bioplastiche

Biorepack è il settimo e il più giovane dei consorzi CONAI, che si occupa del riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile. Nell’audizione al Senato il suo presidente Marco Versari espone la linea del consorzio e difende il primato italiano delle bioplastiche. “Già nel 1994 con una sua direttiva l’Unione europea riconosceva l’importanza del riciclo organico – osserva Versari – In questo senso l’Italia è avanti anni luce rispetto all’Europa, avendo reso obbligatoria la raccolta della plastica biodegrabile molto tempo fa. Non possiamo mettere in discussione gli obiettivi già raggiunti. La flessibilità dei Paesi deve essere vera, non limitata a un materiale o un altro”.

Oltre Biorepack nel settore delle bioplastiche l’altra portatrice di interesse è Assobioplastiche. A farne le veci al Senato è il presidente Luca Bianconi. “La crescita delle bioplastiche è correlata all’aumento della raccolta dell’organico – afferma Bianconi – Già nel 2010 l’Italia si è data dei target di riduzione delle borse bioshopper che ha portato a una diminuzione di circa il 60% dei volumi prodotti. Perciò si dovrebbe consentire agli Stati membri dell’Unione di conservare e ampliare il novero delle applicazioni di imballaggi biodegrabili e compostabili sulla base dei propri sistemi di trattamento. Se prendiamo ad esempio i piatti compostabili sporchi di cibo questi trovano il proprio fine vita nell’organico, consentendo il migliore recupero di materia. Il regolamento europeo rischia di danneggiare il sistema industriale italiano a scapito di imprese extraeuropee che stanno investendo nella filiera delle bioplastiche”. I riferimenti di Bianconi in questo senso sono collegati agli Stati Uniti e alla Cina.

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Le preoccupazioni del comparto agricolo

Tra le altre preoccupazioni degli altri settori interessati dal regolamento europeo sugli imballaggi si segnala quella di Confagricoltura, espresse da Danilo Giardi. “Ci preoccupano le disposizioni del regolamento relative a frutta e verdura fresca – dice Giardi – Oltre alle analisi LCA noi crediamo che debba essere valutato anche il principio della neutralità tecnologica. Il mercato non è ancora maturo per valutare altre opzioni che non siano quelle degli imballaggi, capaci di garantire la sicurezza igienica e sanitaria. Temiamo che col regolamento si incentivi il rischio dello spreco alimentare. L’altra criticità riguarda i target di riuso, molto rigidi a nostro avviso, per esempio sul vino: in questo caso il riuso rispetto al riciclo determina anche dei costi ambientali notevoli che non sono stati considerati adeguatamente.  Ci preoccupa anche la minimizzazione e la standardizzazione degli imballaggi in settori, come quello agricolo, che utilizzano gli imballaggi non solo come contenitori ma come strumento di marketing”.

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