È possibile un’altra edilizia, un’edilizia che sia sostenibile? La domanda è da considerarsi urgente, così come la risposta. L’edilizia è uno dei settori industriali considerati a maggior impatto ambientale soprattutto per quanto concerne il consumo di materie prime: si stima che, da solo, impieghi circa la metà di tutte le risorse naturali estratte a livello mondiale. Non trascurabili sono poi le emissioni inquinanti prodotte durante tutte le fasi dell’attività edile: da quelle derivanti dall’estrazione, dalla lavorazione e dal trasporto delle materie prime, a quelle legate alla costruzione dei manufatti fino alla loro demolizione senza poi dimenticare quelle inerenti alla gestione dei rifiuti da costruzione. Ad esempio, ogni anno si producono più di 4 miliardi di tonnellate di cemento, uno dei principali componenti del calcestruzzo, che a sua volta è il materiale da costruzione maggiormente utilizzato al mondo e tale attività produce circa l’8% delle emissioni globali di CO2.
Ridurre l’impatto ambientale dell’edilizia è quindi fondamentale per contrastare la crisi climatica e, in questo ambito, diventa essenziale programmare uno sviluppo sostenibile del comparto partendo proprio dai materiali utilizzati. Attualmente sono numerose le alternative eco-friendly disponibili che rappresentano metaforicamente le fondamenta della bioedilizia, termine utilizzato per identificare le modalità di progettazione, costruzione e gestione di un edificio che evitino impatti negativi sull’ambiente. Andiamo quindi alla scoperta della lana di pecora, del micelio dei funghi e dei materiali che nascono grazie al recupero dei rifiuti edili.
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La lana di pecora come isolante
Partiamo proprio da questa fibra tessile il cui utilizzo è più diffuso nell’ambito del settore della moda che in quello del calcestruzzo. In realtà è un ottimo isolante termico ed acustico e viene frequentemente impiegato in edilizia come sostituto degli isolanti di origine sintetica. Si ottiene attraverso la pettinatura, pressatura e agugliatura – un processo realizzato per dare compattezza al materiale- della lana di tosatura, una fibra che garantisce ottime performance per la climatizzazione degli edifici (sia contro il caldo che contro il freddo), è idrorepellente e assorbe l’umidità riducendo così il rischio della formazione di condensa nella struttura dell’edificio.
La lana utilizzata in edilizia, sotto forma di pannelli o di rotoli, ha il suo principale impiego nella realizzazione dei cappotti termici delle abitazioni oppure nella creazione di pannelli in fibra compressa per l’isolamento termo acustico.
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Il micelio di funghi
Sempre nell’ambito degli isolanti termici una delle ultime novità nel campo dei materiali ecosostenibili è rappresentata dal micelio dei funghi che rappresenta una valida alternativa alle schiume chimiche. Il micelio, infatti, altro non è che la radice del fungo: i blocchi isolanti sono realizzati lasciando che lo stesso si nutra di un substrato che può essere segatura ma anche scarti agricoli naturali. Il composto che si ottiene è facilmente lavorabile e può assumere varie forme grazie all’utilizzo di stampi. Si tratta di un materiale ideale soprattutto per l’isolamento termico di case con pareti realizzate in legno perché le radici, dopo circa un mese, crescono all’interno della parete legnosa e, seccandosi, danno vita ad un muro in grado di sigillare ogni fessura. Altra caratteristica molto rilevante è che è un composto ignifugo.
Se oggi vengono utilizzati come isolante, ben presto i funghi potrebbero sostituire il cemento nella produzione dei mattoni: si tratta di una possibilità sperimentata dalla Columbia Graduate School of Architecture, Planning and Preservation nell’ambito del progetto Fungar (Fungal Architectures), lanciato nel 2019 allo scopo di realizzare materiali da costruzione partendo dal micelio. Il team che si è dedicato a questo studio ha creato un mattone combinando il micelio con rifiuti agricoli come paglia o scarti del mais. L’impasto prodotto è stato poi inserito in uno stampo ed è stato lasciato crescere per cinque giorni. Il risultato finale è un mattone solido ma leggero, simile visivamente a uno tradizionale, ma realizzato completamente con materiale organico.
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Dall’agricoltura all’edilizia: la canapa
Tra gli alleati per realizzare un’edilizia green abbiamo poi anche la canapa che può essere impiegata sotto forma di materassini isolanti da inserire nei muri o nelle pavimentazioni degli edifici per coibentare gli spazi interni, ma anche sotto forma di un biocomposito di canapa e calce.
In quest’ultimo caso si parla di “cemento di canapa” ed è ottenuto dalla combinazione della parte legnosa dello stelo della pianta (il canapulo) e di un legante a base di calce e acqua. Si tratta di un composto utilizzato per la realizzazione di muri portanti o divisori, di pannelli o semplicemente come intonaco.
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Il sughero
Anche il sughero è un materiale vegetale che viene ampiamente utilizzato nel settore delle costruzioni e si ricava dalla corteccia della quercia da sughero, un albero assai diffuso nelle aree mediterranee. Si tratta di un materiale isolante e traspirante che, proprio per le sue caratteristiche, viene molto utilizzato per le abitazioni che presentano problematiche di umidità e di formazione di condensa.
Uno dei principali impieghi di questo materiale è quello legato all’isolamento termoacustico degli edifici: i suoi pannelli possono essere infatti applicati come cappotto termico oppure possono essere montati sotto il massetto del pavimento per isolare termicamente stanze confinanti con locali non riscaldati. Il sughero si può trovare anche in forma di granuli che vengono inseriti nelle intercapedini sempre in funzione di coibentazione oppure come parte di miscele per intonaci.
Non solo, però, materie prime green: la sostenibilità dell’edilizia passa anche per il riciclo dei suoi rifiuti.
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L’economia circolare dell’edilizia
Oggi la quasi totalità dei rifiuti edili viene smaltita in discarica e tale soluzione risulta certamente quella meno sostenibile. Pensare invece a un recupero di questi rifiuti ridurrebbe l’uso delle materie prime impiegate per la realizzazione dei vari prodotti da costruzione e contribuirebbe altresì ad un taglio delle emissioni inquinanti legate sia alla loro lavorazione che alle fasi relative al fine vita. Un primo esempio di materiale che nasce proprio dal recupero dei rifiuti da demolizioni viene addirittura dall’antichità: il cocciopesto. Esso era un intonaco impiegato già nell’antica Roma per l’impermeabilizzazione di acquedotti, cisterne e pareti e che si ricavava da una base di calce alla quale viene aggiunta polvere di laterizio. La circolarità di questo prodotto consiste proprio nella polvere creata attraverso coppi o mattoni frantumati e che possono quindi essere recuperati anche da scarti edili appositamente selezionati.
Frutto invece del lavoro di ricerca della Catalyst, una startup fiorentina, è il mattone Ri-Block ovvero RIciclo Block, prodotto grazie al recupero dei materiali provenienti dalla demolizione degli edifici che, selezionati ed opportunamente miscelati, attraverso una procedura di pressatura a freddo, vengono compressi in appositi stampi dando origine a nuovi materiali edili.
Altra soluzione è quella che riguarda le nuove costruzioni che, fin dalla loro progettazione, vengono pensate in ottica di recupero dei materiali utilizzati: in questo caso si parla di architettura reversibile, che consente a un edificio o a una struttura, impiegando gli stessi componenti, di cambiare destinazione d’uso se non addirittura sede. Un esempio? Alcuni padiglioni di Expo 2015, al termine della manifestazione, sono diventati scuole e centri per l’infanzia in Asia ed Africa, una sede della Croce Rossa in Burkina Faso oppure un campo da basket nel quartiere milanese di Famagosta.
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