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mercoledì, Novembre 6, 2024

Regolamento imballaggi, governo italiano al lavoro per azzerare obblighi di riuso e norme sul riciclo di qualità

Un documento dei governi di Italia e Finlandia, pubblicato da Contexte, propone di cancellare dal testo del regolamento imballaggi gli obblighi di riuso e le norme per il riciclo di qualità (closed loop)

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

Il ministro aveva annunciato la propria lotta senza quartiere contro il Regolamento imballaggi (PPWR – Packaging and Packaging Waste Regulation): “Continueremo la nostra battaglia in tutte le sedi comunitarie per difendere le ragioni di una filiera innovativa, che supera i target Ue con diversi anni di anticipo, che dà lavoro tutelando l’ambiente e affermando i più avanzati principi dell’economi circolare”. Così Gilberto Pichetto, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, commentava il voto in Commissione Ambiente all’europarlamento. Detto fatto: ieri Contexte, un’agenzia di informazione europea, ha pubblicato un “non-paper” in cui Italia e Finlandia cercano di azzoppare definitivamente la proposta di regolamento avanzata dalla Commissione e su cui l’Europarlamento ha da poco approvato la propria posizione negoziale. Italia “campione del riciclo” e Finlandia campione degli imballaggi monouso in carta nel documento informale propongono di azzerare gli obiettivi di riutilizzo (già alleggeriti in Parlamento Ue dagli emendamenti di eurodeputati italiani) e di evitare di sostenere il riciclo di qualità (quello closed loop, a ciclo chiuso, senza perdita di valore).

In estrema sintesi, il documento di Italia e Finlandia propone, di fatto, di neutralizzare la portata innovativa del testo della Commissione, evitando di fissare obiettivi per il riuso e lasciando campo libero a tutti gli imballaggi monouso.

“Una posizione imbarazzante”, secondo Marco Musso, Senior Policy Officer for Circular Economy and Fiscal Reform di EEB (European Environmental Bureau). “Siamo ancora una volta sorpresi negativamente dall’iniziativa delle delegazioni italiana e finlandese, che cercano di raccogliere consensi attorno al loro non-paper” ci dice Raphaëlle Catté, responsabile Zero Waste Europe (ZWE) per le politiche e il supporto alla ricerca.

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L’Italia dice no agli obiettivi di riuso

“Gli obiettivi obbligatori di riutilizzo – si legge nel non-paper – soprattutto per quanto riguarda gli alimenti/bevande, dovrebbero essere evitati”. Niente mediazioni: se per il riciclo i target sono benvenuti, per il riuso, che pure nella gerarchia europea dei rifiuti arriva prima, meglio non fissare obiettivi vincolanti (quelli indicati nell’articolo 26 della proposta di PPWR). Se poi non dovesse passare lo stop complessivo agli obiettivi di riuso, si dovrebbero comunque ampliare le esenzioni (già non irrilevanti nel testo della Commissione, ancora meno in quello approvato dall’Europarlamento). Esenzioni che secondo Italia e Finlandia dovrebbero valere quando “è dimostrato che il riutilizzo non fornisce il miglior risultato ambientale”. La possibilità usare valutazioni del ciclo di vita (LCA) (magari orientate dagli interessi di parte, come abbiamo raccontato anche nel Quaderno di EconomaCircolare.com “Istruzioni per il riuso”) viene messa in campo per alleggerire le misure di prevenzione. E poi vengono proposte esenzioni quando “gli Stati membri sono in grado di raggiungere un alto tasso di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio per materiale e alti tassi di riciclaggio”. L’Europarlamento ha fissato l’esenzione con un tasso di raccolta dell’85%.

La premessa del documento di Roma e Helsinki è studiatamente soft: pur apprezzando gli sforzi compiuti dalla presidenza spagnola del Consiglio per trovare un equilibrio tra la necessità di misure ambiziose per la gestione sostenibile dei rifiuti di imballaggio e la loro fattibilità tecnica, spiegano i due governi, “alcune misure suscitano ancora preoccupazioni, soprattutto a causa della mancanza iniziale di una valutazione d’impatto completa e del rischio di conseguenze negative sull’ambiente, sulla salute umana e sulla sicurezza alimentare”. Pur riconoscendo la necessità di adottare iniziative per prevenire e ridurre i rifiuti di imballaggio nell’ambito dell’applicazione della gerarchia dei rifiuti, “è importante sottolineare che la direttiva quadro sui rifiuti non mira solo a prevenire la produzione di rifiuti, ma segue un approccio scientifico al ciclo di vita – si legge – e quindi promuove il riciclaggio rispetto al riutilizzo ogni volta che questo offre un risultato ambientale complessivo migliore” (senza ricordare che la gran parte dei più autorevoli studi scientifici privilegiano i buoni esempi di riutilizzo: vedi ancora il citato “Istruzioni per il riuso”).

Viene poi chiamato in ballo il tema della sicurezza: “L’impatto degli obiettivi di riutilizzo obbligatorio sulla sicurezza dei prodotti e dei consumatori, nonché sull’igiene e sulla sicurezza alimentare, non sembra essere stato adeguatamente valutato, il che solleva preoccupazioni per gli imballaggi sensibili al contatto, soprattutto per gli alimenti e le bevande”.

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Niente limiti per l’imballaggio usa e getta

“Dovrebbero essere evitate le restrizioni sugli imballaggi monouso, in particolare per quanto riguarda gli alimenti/bevande”, chiedono Italia e Finlandia. Le restrizioni di cui si parla sono quelle contenute nell’allegato V dell’articolo 22, che, secondo a proposta della Commissione, metterebbe fuori legge imballaggi monouso superflui o evitabili come bustine per maionese e ketchup, insalata in busta e tanti altri packaging usa e getta. Al di là dell’”impatto molto pesante” su molti settori come quello agroalimentare, della ristorazione collettiva e dell’ospitalità, in cui gli imballaggi monouso sono “essenziali per la protezione e la conservazione degli alimenti, l’informazione dei consumatori, la tracciabilità e l’igiene dei prodotti”, i due Paesi sostengono che “le conseguenze sull’ambiente di un passaggio completo a formati riutilizzabili non sono state valutate adeguatamente nella valutazione d’impatto”. E ancora una volta, ignorando le numerose ricerche già disponibili, si chiama in causa la scienza: “Il regolamento dovrebbe lasciare la scelta alle opzioni di imballaggio che offrono il miglior risultato ambientale complessivo in base all’analisi del ciclo di vita”.

E se non si riuscirà a vietare gli imballaggi monouso, allora dovrebbero comunque essere previste esenzioni “quando è dimostrato che i formati monouso offrono i migliori risultati ambientali”; quando “gli operatori economici possono dimostrare un elevato tasso di raccolta differenziata (sono raccolta, non riciclo, ndr) dei rifiuti generati dagli imballaggi che immettono sul mercato”; o quando “non è tecnicamente possibile utilizzare imballaggi riutilizzabili”.

Niente preferenza al riciclo di qualità (“closed loop”)

Il Regolamento, propongono Italia a Finlandia, “non dovrebbe imporre il requisito che le materie prime secondarie possano essere utilizzate per sostituire le materie prime primarie solo per le applicazioni di imballaggio”. Il requisito di cui si legge nel non-paper (il cosiddetto closed loop, riciclo chiuso) fa riferimento al lavoro condotto dalla presidenza spagnola del Coniglio, che secondo diverse voci sta cercando di rendere più ambiziosa (in termini di qualità del riciclo e di riutilizzo degli imballaggi) la proposta dalla Commissione Ue. Il PPWR, secondo l’Italia “campione del riciclo”, non dovrebbe quindi fissare obiettivi sulla qualità del riciclo stesso. Il riciclo closed loop (sul cui valore si è espressa anche l’Unep, il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite -) è, ad esempio, quello del PET da bottiglia a bottiglia, in cui il polimero riciclato viene utilizzato per applicazioni che valorizzano tutte le sue proprietà (il poter stare a contatto con bevande e alimenti), cosa che non avviene invece quando il PET viene impiegato nel tessile e nel fast fashion (downcycling: riciclo sì, ma con perdita di valore) limitando così la disponibilità di PET seconda vita da usare per le nuove bottiglie.

Tra le richieste di Roma e Helsinki anche che il Regolamento non si occupi di  “riciclaggio di alta qualità” la cui trattazione dovrebbe essere rinviata ad altro provvedimento.

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“Documento imbarazzante”

“Niente di nuovo sotto il sole, ma è molto triste che gli argomenti ingannevoli delle lobbies del monouso siano stati fatti propri, con un secco copia e incolla, da due nazioni europee”, ci dice Marco Musso di EEB. Italia e Finlandia, ragiona, dicono di sostenere l’obiettivo della Commissione di frenare la crescita incontrollata dei rifiuti di imballaggio ma poi “attaccano gli unici due articoli del Regolamento, il 22 e il 26, che fanno prevenzione”.

“L’aggiunta di esenzioni e deroghe alle misure di prevenzione e riutilizzo sulla base di affermazioni e studi di parte dell’industria dell’usa e getta – dice Raphaëlle CattéZWE – potrebbe avere un enorme impatto negativo sugli obiettivi del PPWR. Come può questo regolamento ridurre efficacemente la crescita incontrollata dei rifiuti di imballaggio se i principali strumenti per raggiungere questo obiettivo vengono eliminati dal testo?”.

Se la proposta italiana passasse, riflette Musso di EEB, “l’Italia sarebbe ben avviata verso l’ennesima procedura di infrazione”. L’articolo 38 del Regolamento stabilisce infatti obiettivi di riduzione dei rifiuti di imballaggio pro capite, ma senza le misure per raggiungere quei target “il nostro Paese non ha nessuna chance di ridurre i rifiuti pro capite del 5% entro il 2030 (e poi del 15% al 2040)”. Il Senior Policy Officer EEB accusa il nostro governo di alimentare le paure dei cittadini, portando avanti la tesi “secondo cui gli imballaggi riutilizzabili metterebbero a rischio salute umana e sicurezza alimentare. Argomento che solo chi fa marketing per l’industria del monouso può sostenere, visto che da sempre ci serviamo senza incidenti di imballaggi riutilizzabili, piatti, bicchieri, posate, sia a casa che nella ristorazione.”. Quanto ai problemi ventilati per l’ambiente, “il non-paper sostiene che non c’è stato un adeguato studio di impatto da parte della Commissione: Falso. Esiste invece un’ampia ricerca indipendente che conferma i benefici del riuso, mentre gli unici studi che attribuiscono vantaggi al monouso sono quelli commissionati dall’industria, in particolare dai produttori di imballaggi in carta, plastica e da McDonald’s”.

Cosa succede ora al Regolamento imballaggi

Nella burocrazia legislativa europea, un non-paper è un documento preliminare che viene sottoposto informalmente ad altri Paesi da Stati che vogliono avanzare delle proposte, per raccogliere eventuali adesioni e poi tramutare il testo in una proposta ufficiale da far approvare in Consiglio. Italia e Finlandia, dunque, hanno fatto circolare il non-paper cercando il supporto altri Stati membri. Ad oggi, così parrebbe, sono cinque quelli che potrebbero sostenere il testo italo finlandese: Bulgaria, Grecia, Lituania, Slovenia, Ungheria. Per ora, quindi, non sembrerebbero esserci i numeri per la maggioranza qualificata (il 55% degli Stati Membri, almeno 15 su 27, che rappresentino almeno il 65% della popolazione) che sarebbe necessaria a far passare il documento. Altri incontri si stanno tenendo a livello di funzionari per cercare di arrivare ad approvare la posizione negoziale del Consiglio il 18 di questo mese e arrivare ai triloghi a gennaio e poi all’approvazione prima della fine della legislatura.

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